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AISTEC, trent’anni di scienza dei cereali: a Roma un bilancio che guarda avanti

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di Redazione

09/10/2025

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Trent’anni sono un’epoca intera per una filiera che ha cambiato volto più volte, sospinta dall’innovazione e dagli shock dei mercati. L’AISTEC — Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali — festeggia il 30° anniversario giovedì 9 ottobre 2025 al CREA Alimenti e Nutrizione (via Ardeatina 546, Roma), trasformando una ricorrenza in un momento di lavoro: fare il punto su ciò che la ricerca ha messo a disposizione di agricoltura, trasformazione e distribuzione, e misurare le distanze che ancora separano la teoria dalla pratica quotidiana delle imprese.

Dal campo al laboratorio: come è cambiata la filiera

L’itinerario dell’evento segue idealmente il percorso del chicco. Si parte dall’agronomia — tecniche conservative, rotazioni più intelligenti, gestione dell’acqua — per arrivare alla genetica, dove la selezione di varietà più resilienti ha dovuto inseguire siccità, nuove fitopatie e richieste industriali di costanza qualitativa. Nella tecnologia alimentare, il salto riguarda processi più “dolci”, controllo puntuale di parametri reologici, riduzione degli sprechi e valorizzazione dei sottoprodotti; mentre la nutrizione ha affinato strumenti e metriche per leggere qualità proteica, indice glicemico, profilo di fibre. In controluce, una lezione: i progressi funzionano quando dialogano fra loro, e il trasferimento tecnologico esce dal recinto dei convegni per entrare nelle linee di produzione.

In questa storia c’è il contributo fondativo del Prof. Raimondo Edoardo Cubadda e di un gruppo di ricercatori che nel 1995 decisero di creare una casa comune per studiosi e professionisti. Da allora, convegni, workshop, pubblicazioni e partnership nazionali e internazionali hanno allargato il perimetro dell’AISTEC, mantenendo ferma l’idea che la scienza dei cereali debba sostenere l’interesse generale: sicurezza, qualità, competitività.

Le sfide prossime: sostenibilità, comunicazione, valore

Le priorità che attraversano il programma riflettono le urgenze del settore. La sostenibilità non è un’etichetta, ma un insieme di scelte misurabili: impronta idrica e carbonica delle colture, input razionalizzati, energie per i molini, packaging riciclabili. L’economia impone di ripensare la catena del valore: contratti di filiera più trasparenti, premi alla qualità reale, strumenti assicurativi contro la volatilità climatica. Sul fronte sicurezza, la tecnologia ha alzato l’asticella: monitoraggi rapidi per micotossine e contaminanti, standard condivisi lungo la catena logistica, tracciabilità digitale che riduce l’asimmetria informativa verso il consumatore.

C’è poi la comunicazione, anello spesso sottovalutato: distinguere tra disinformazione e dibattito scientifico, raccontare perché un blend è stato formulato in un certo modo, chiarire differenze tra grani moderni e varietà tradizionali, spiegare i limiti e le potenzialità dell’innovazione (dalle fermentazioni ai nuovi coadiuvanti tecnologici), senza scorciatoie retoriche. A fare da sfondo, i trend che domineranno i prossimi anni: adattamento climatico, diversificazione delle specie (farro, avena, pseudocereali), prodotti “better-for-you” calibrati su bisogni reali e non su mode passeggere.

Nel celebrare il traguardo, AISTEC mette a terra un messaggio semplice e impegnativo: la qualità non è il punto di arrivo ma la somma di scelte coerenti — dal seme alla tavola — e di alleanze tra ricerca, industria e istituzioni. È lì che il lavoro dei laboratori diventa competitività per le imprese e fiducia per chi compra.

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