Canapa industriale, la svolta del Consiglio di Stato riapre il dibattito sulla filiera italiana
di Redazione
17/11/2025
La decisione del Consiglio di Stato di rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la valutazione sulla compatibilità del divieto relativo alle infiorescenze di canapa introduce un elemento nuovo e potenzialmente decisivo in una vicenda che coinvolge migliaia di imprese agricole italiane. La richiesta di chiarimento all’organo europeo arriva in un momento cruciale per una filiera che, in pochi anni, ha raggiunto il mezzo miliardo di euro di valore, diventando una leva di sviluppo per aree interne, nuovi modelli di agricoltura sostenibile e centinaia di giovani imprenditori.
Il nodo normativo e la paralisi della parte più redditizia della filiera
Al centro dello scontro giuridico vi è l’articolo 18 del Decreto Sicurezza, che stabilisce un divieto ampio e rigido: non solo la vendita, ma anche la lavorazione, la distribuzione, il trasporto e la consegna delle infiorescenze di Cannabis sativa L., anche quando si tratta di materiali semilavorati e con livelli di THC ampiamente al di sotto della soglia psicotropa. Un divieto che blocca un intero comparto senza distinguere tra uso ricreativo e impieghi industriali, cosmetici o terapeutici, e che esclude dal mercato nazionale prodotti che continuano invece a entrare liberamente dall’estero.
Coldiretti, commentando la decisione del Consiglio di Stato, ricorda come le infiorescenze rappresentino la quota principale del reddito delle aziende agricole impegnate nella canapicoltura. Eliminare la possibilità di lavorarle significherebbe disintegrare la filiera nazionale, lasciando spazio esclusivo alle importazioni e vanificando anni di investimenti, formazione e sperimentazioni agronomiche.
L’associazione sottolinea inoltre che la normativa vigente finisce per equiparare la canapa a una sostanza illegale anche quando se ne escludono totalmente gli effetti stupefacenti, ignorando il limite dello 0,3% di THC fissato a livello europeo, che garantisce la totale assenza di rischi d’uso improprio.
Un settore strategico per sostenibilità, occupazione e innovazione
La canapa industriale non è soltanto una coltura agricola: negli ultimi anni è diventata un simbolo di rigenerazione rurale, economia circolare e nuove opportunità per le giovani generazioni. Dalla bioedilizia alla cosmetica, dalla nutraceutica alla produzione tessile, fino agli impieghi farmaceutici, la pianta ha dimostrato una versatilità unica, capace di generare valore economico riducendo l’impatto ambientale.
Molte aziende hanno trovato nella canapa un’alternativa concreta alle produzioni tradizionali, contribuendo a riportare vitalità in territori marginali e favorendo un’agricoltura che preserva il suolo, assorbe CO₂ e richiede interventi chimici ridotti. È in questo contesto che la pronuncia del Consiglio di Stato assume un significato più ampio: non riguarda soltanto una controversia normativa, ma la visione del ruolo che l’Italia vuole attribuire alle nuove filiere agricole nel quadro europeo della transizione verde.
La rimessione alla Corte di Giustizia apre infatti alla possibilità di un chiarimento definitivo in grado di superare contraddizioni, incertezze interpretative e un impianto normativo percepito dagli operatori come punitivo e incoerente con il principio del mercato unico.
Coldiretti, che negli ultimi mesi ha organizzato mobilitazioni e momenti di confronto istituzionale, considera questa evoluzione un atto di buon senso: una scelta che riconosce la dignità economica di migliaia di produttori e che può restituire competitività a un comparto in grado di contribuire in modo determinante al futuro dell’agricoltura sostenibile italiana.
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