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Il mercato fondiario italiano nel 2024: stabilità, differenze territoriali e nuove dinamiche

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di Redazione

21/11/2025

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L’edizione numero settantacinque dell’“Indagine sul mercato fondiario”, realizzata dai ricercatori del CREA Politiche e Bioeconomia, restituisce una fotografia articolata del mercato dei terreni agricoli nel 2024, un anno in cui il settore ha dovuto confrontarsi con tensioni internazionali, oscillazioni dei costi dei mezzi tecnici e gli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico. Nonostante questo quadro complesso, la compravendita dei terreni mostra una sostanziale stabilità, con una domanda leggermente superiore all’offerta e un lieve aumento (+1%) del prezzo medio nazionale, che si attesta sui 22.400 euro per ettaro.

Uno degli elementi più significativi emersi dall’indagine è la distanza tra le diverse aree geografiche. Nel Nord-Est i terreni agricoli raggiungono un valore medio di 47.100 euro l’ettaro, seguiti dal Nord-Ovest con 35.200 euro (+2,3%). Man mano che si scende verso il Centro e il Sud, il valore scende sotto i 16.000 euro, fino ad arrivare ai circa 9.000 euro delle Isole. Un divario che non riguarda solo la qualità e la vocazione produttiva dei terreni, ma anche la pressione urbanistica: nella Pianura Padana la scarsità di superfici disponibili, in parte legata al consumo di suolo, alimenta un mercato vivace e talvolta competitivo; al contrario, nelle aree interne e montane prevale un’offerta abbondante, spesso riconducibile all’età avanzata degli agricoltori o alle difficoltà economiche delle aziende che cessano l’attività.

Accanto ai fattori strutturali, si aggiungono quelli climatici, che hanno iniziato a influire concretamente sui prezzi: terreni irrigabili o facilmente accessibili registrano una crescente richiesta, mentre le superfici più vulnerabili agli eventi estremi perdono attrattività.

Il mercato degli affitti si mantiene complessivamente stabile, pur con dinamiche molto diverse tra aree ad alta produttività e zone marginali. In pianura prevalgono contratti in deroga, sostenuti da una domanda forte, alimentata da giovani imprenditori, aziende strutturate e – fenomeno in rapida ascesa – operatori delle energie rinnovabili, in particolare legati al biogas e all’agrivoltaico. Questi nuovi soggetti stanno modificando la composizione della domanda, soprattutto nelle aree irrigue, considerate strategiche per fronteggiare l’aumento della variabilità climatica.

Nelle zone collinari e montane, invece, aumentano le superfici disponibili a seguito della fuoriuscita dal settore di agricoltori anziani, dando vita a forme contrattuali più brevi o informalizzate, in una logica di adattamento locale.

Gli operatori del settore prevedono, per il prossimo futuro, una sostanziale continuità del mercato degli affitti, con canoni destinati a consolidarsi; per le compravendite, invece, si ipotizza un aumento dell’offerta, soprattutto nelle aree più fragili dal punto di vista economico. Resta da verificare quale impatto avranno, una volta a regime, gli interventi della nuova PAC 2023-2027, mentre cresce la consapevolezza che gli eventi climatici estremi influenzeranno sempre più la redditività agricola e, di conseguenza, la convenienza economica dei terreni.

Il presidente del CREA, Andrea Rocchi, ha definito i risultati dell’indagine “una conferma della solidità del mercato fondiario e della capacità di adattamento dell’agricoltura italiana”, sottolineando la necessità di valorizzare il suolo agricolo come risorsa strategica e di sostenere chi lo coltiva, perché investire nella terra significa investire nel futuro del Paese.

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