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Imprese tra prudenza e investimenti: come cambiano aspettative e prezzi nel 3° trimestre

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di Redazione

09/10/2025

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Fra fine agosto e metà settembre le aziende italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti hanno consegnato una fotografia nitida, meno cupa di inizio anno ma tutt’altro che spensierata. La domanda interna ed estera si è assestata, frenata da dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti e da un euro più forte, mentre sulle prossime settimane prevale un ottimismo cauto: le imprese continuano a mettere in conto un recupero delle vendite, ma con meno convinzione rispetto alla precedente rilevazione. Più di un segnale invita alla prudenza anche sul lavoro, in particolare nei servizi e nelle costruzioni, dove si attenua la propensione ad assumere.

Prezzi più ordinati, inflazione attesa in lieve calo

Sul fronte dei listini, l’ultimo anno non ha fatto registrare scossoni: l’aumento dei prezzi praticati è rimasto su ritmi sostanzialmente stabili. Per i prossimi dodici mesi le aziende dell’industria in senso stretto e dei servizi indicano una dinamica moderata, coerente con un contesto competitivo che lascia poco spazio a ritocchi aggressivi. Le costruzioni, al contrario, scontano ancora tensioni sui costi di input e sui tempi di cantiere: qui la crescita dei prezzi prospettica appare più sostenuta.

Le aspettative sull’inflazione al consumo arretrano leggermente, soprattutto sull’orizzonte di breve periodo. È un segnale importante per due motivi: da un lato riduce la probabilità di “second-round effects” sui salari; dall’altro agisce da stabilizzatore delle decisioni di prezzo e di acquisto, contribuendo a contenere la volatilità nei listini B2B e B2C. In altre parole, le imprese vedono un’onda più lunga e meno ripida, con minori rischi di sorprese al rialzo nei prossimi trimestri.

Investimenti in crescita e credito stabile: dove si gioca la ripresa

La nota positiva arriva dal capitolo capex: per il 2025 le imprese pianificano più investimenti, complice un accesso al credito giudicato stabile e una dotazione di liquidità ritenuta adeguata. È un punto di discontinuità rispetto alla fase difensiva degli ultimi anni: si torna a mettere risorse su capacità produttiva, efficientamento energetico, digitalizzazione dei processi, manutenzioni straordinarie. In questo quadro, la selettività resta alta: le decisioni privilegiano progetti con ritorni chiari e misurabili, tempi di payback contenuti e impatto diretto sulla produttività.

Resta aperta, però, la partita dei mercati esteri. I dazi sulle esportazioni verso gli USA e la rivalutazione dell’euro erodono margini e competitività proprio mentre molti comparti avrebbero bisogno di accelerare sul fronte della domanda internazionale. Non stupisce, quindi, che le attese sulle vendite per il trimestre successivo, pur positive, si siano raffreddate. È il riflesso di condizioni operative che le imprese continuano a considerare impegnative: costi energetici più prevedibili ma ancora su livelli storicamente elevati, catene di fornitura meno nervose ma non del tutto normalizzate, tempi autorizzativi e regolatori che in alcuni settori restano un collo di bottiglia.

In sintesi, lo scenario che emerge dall’indagine è quello di una normalizzazione incompiuta: prezzi più ordinati e inflazione attesa in calo favoriscono la programmazione; gli investimenti tornano a respirare; ma sul ciclo reale pesano ancora vincoli esterni e una domanda che non ha trovato un nuovo slancio. La traiettoria dei prossimi mesi dipenderà dalla tenuta delle esportazioni, dall’andamento del cambio e dalla capacità di trasformare i piani di investimento in produttività: è lì che si misura la possibilità di una ripresa più robusta, non solo attesa ma effettiva.

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