Melanzana, ricostruito il pan-genoma: una ricerca che ridisegna la storia della specie
di Redazione
La melanzana, spesso percepita come un ortaggio familiare e immutabile, mostra invece un passato complesso, plasmato da migrazioni, selezioni spontanee e scelte agronomiche stratificate nel tempo. Un gruppo internazionale di 24 ricercatori, distribuiti in sette Paesi, ha messo insieme conoscenze, materiali e tecnologie per descrivere in modo sistematico il pan-genoma e il pan-fenoma della specie, offrendo un quadro completo delle sue varianti genetiche e delle sue caratteristiche agronomiche. Il lavoro, pubblicato su Nature Communications, rappresenta un passaggio essenziale per comprendere l’evoluzione della coltura e, soprattutto, per delineare i prossimi strumenti della sua selezione.
Un archivio globale che racconta migrazioni, incroci e adattamenti
Il punto di partenza dello studio è una collezione imponente: 3.400 varietà provenienti da ogni continente, insieme ai progenitori selvatici Solanum incanum e Solanum insanum. È attraverso questo mosaico che il team è riuscito a ricostruire il percorso della domesticazione, individuandone le origini in India e nel Sud-Est asiatico e seguendo poi le traiettorie che la melanzana ha intrapreso lungo le rotte commerciali verso Medio Oriente, Mediterraneo e infine Estremo Oriente.
Il confronto tra accessioni moderne e forme selvatiche ha permesso di osservare come alcuni tratti – come il colore della buccia non viola o la presenza di spine sulle foglie – siano rimasti ben riconoscibili nelle popolazioni asiatiche, mentre siano stati progressivamente abbandonati nelle altre regioni. Le pressioni selettive, esercitate sia dal clima sia dalle esigenze agronomiche locali, hanno modellato la coltura in modo diverso a seconda dei contesti, lasciando una traccia genetica leggibile ancora oggi.
La struttura genetica della specie e il ruolo decisivo dei ricercatori italiani
L’analisi genomica di 368 accessioni rappresentative della diversità globale ha permesso di distinguere un “genoma centrale”, composto da circa 16.300 famiglie di geni presenti in tutte le varietà, e un insieme di circa 4.000 famiglie presenti solo in alcune accessioni. È proprio in questa porzione variabile che si trovano molte delle differenze che determinano comportamenti agronomici, tolleranze agli stress, qualità dei frutti e resistenze ai patogeni.
Il contributo italiano, guidato da CREA insieme a ENEA, Cnr e Università di Torino, è stato determinante sia nella gestione dei materiali sia nella caratterizzazione fenotipica, grazie anche alla definizione di un kit condiviso che ha permesso ai diversi gruppi di raccogliere dati perfettamente confrontabili. Uno degli aspetti più significativi del lavoro è l’identificazione di oltre 3.000 associazioni tra caratteri e regioni cromosomiche, con la possibilità – in diversi casi – di risalire alla mutazione esatta che determina il tratto osservato. Alcuni esempi riguardano la formazione delle spine, la resistenza al Fusarium o il contenuto di acido isoclorogenico, composto di interesse per le sue proprietà antiossidanti.
La disponibilità pubblica dei dati genomici e delle accessioni, gestita da CREA insieme ad AVRDC (Taiwan), consentirà alla comunità scientifica, alle imprese sementiere e alle banche del germoplasma di lavorare su basi comuni e finalmente complete. È una condizione che potrà accelerare lo sviluppo di nuove cultivar e, allo stesso tempo, garantire la salvaguardia della diversità genetica, elemento imprescindibile per affrontare le esigenze future dell’agricoltura.
Redazione